Linguaggio verbale e linguaggio musicale: se ne discute da secoli.
(dialogo immaginario tra Liz, Arianna e Murakami Haruki)
"Due linguaggi, due modi per raccontare una storia: attraverso la lettura di un libro; mediante l’ascolto di un brano musicale.
In entrambi i casi è possibile ritrovare persino lo stesso contenuto: dentro a un libro, dentro ad un brano musicale.
Cosa c’è di diverso? Quali le differenze tra la scrittura (linguaggio verbale) e la musica (linguaggio musicale)?
Innanzitutto, la modalità sensoriale.
Per leggere un libro utilizzi la vista: dalla retina dell’occhio parte l’impulso nervoso che arriva ai neuroni del tuo cervello in grado di tradurre i simboli della scrittura, passarli ad altri neuroni che li astraggono e traducono in immagini (che andranno a stimolare le aree del cervello preposte alle emozioni).Per ascoltare la musica utilizzi le orecchie: le onde sonore entrano nel padiglione auricolare e dal timpano parte l’impulso nervoso che arriva ai neuroni del tuo cervello.
Ed è già in questa prima fase che cambia il percorso:
prima di essere “trasformati” in immagini arrivano direttamente nelle parti de cervello preposte alle emozioni.
I due impulsi sensoriali, vista e udito, seguono due percorsi diversi: il primo evoca immediatamente le immagini e solo in un secondo tempo, raggiunge le emozioni; nel secondo avviene l’inverso: i suoni stimolano le emozioni e, solo in un secondo tempo, il nostro cervello, le astrae in immagini.
La codificazione dei simboli semantici e la loro astrazione in immagini avviene, nel nostro cervello, in maniera più immediata rispetto alla codificazione dei suoni: per questo il linguaggio verbale è utilizzato per comunicare. Ma, attenzione, se ci riflettiamo bene, ci riesce ma con dei gravi limiti.
Prendiamo il caso della lingua italiana: solo circa 80.000.000 di persone possono comunicare tra loro (se dico “casa” tutti gli italiani capiscono che voglio indicare quell’edificio dove abitano gli esseri umani); quando si ascolta un brano dei Pink Floyd, una musica tribale o, ancor meglio, una sonata di Beethoven qualsiasi cittadino del mondo la può comprendere.
Questo perché la semantica è una invenzione dell’uomo; le emozioni sono insite della natura umana e sono uguali per tutti gli esseri umani.
Siamo quindi di fronte a due linguaggi che, anche se con modalità diverse, sono in grado di raccontare una storia, magari la medesima: il linguaggio verbale (e quindi la scrittura) ne narra i fatti, ne descrive i personaggi; la musica, della stessa storia, degli stessi fatti, dei medesimi personaggi ne racconta le emozioni.
(Nota: la musica può essere “descrittiva” come pure con le parole si possono “descrivere” le emozioni...).
Quando eravamo in Sri Lanka insieme, mentre io scrivevo la sua storia, Arianna ascoltava per ore e ore i Notturni di Chopin. Un giorno, con gli occhi lucidi, sorridendo, mi disse: “Liz, mi spiace, ma la mia storia è già stata scritta: ascolta…”. E sulle note del Notturno op.48 n.1 di Fryderyk Chopin ho “visto” anch’io Arianna e la sua vita." (Liz)
"Quando eravamo in Sri Lanka insieme, mentre Liz scriveva la storia della mia vita, ascoltavo per ore e ore i Notturni di Chopin, pezzi che mio padre amava tantissimo e che anch’io avevo già assaporato mille e mille volte. In quei giorni però mi ritrovai a “scoprire” il Notturno op 48 n.1. Cominciai ad ascoltarlo suonato da tutti i grandi della musica: Aschenazy, Pollini, Rubinstein, Arrau, Ciani... e molti altri ancora.
(L’interpretazione di Brigitte Enger però risultava sempre quella che amavo di più.)
Mi chiedevo: “Ma come ho fatto a non accorgermi della bellezza di questo Notturno?”. Nella mia mente, dentro al mio cervello macinavo le note, i suoni; il mio cuore ne assaporava i colori, i crescendo, gli armonici e non capivo come mainon avessi mai pensato a quel Notturno come uno dei più belli, forse il più bello. Finchè un giorno capii e, pensando a mio padre, con gli occhi lucidi e con il sorriso che tanto lui amava svelai a Liz ciò che il mio cuore mi aveva appena rivelato: il Notturno op 48 n.1 di Chopin racconta la mia vita.
Ascoltatelo insieme a me... e, se avrete già letto il libro, vi si aprirà del tutto la mia vita e, grazie alla musica, raggiungerete anche il mio cuore...". Arianna
“Ascolto musica da quando ero adolescente, ma negli ultimi anni mi sembra… di capirla meglio, direi. Riesco a percepire anche differenze piccolissime. Chissà se il fatto di scrivere ha reso più sensibile il mio orecchio…O forse è il contrario, forse se non si ha orecchio musicale, non si può diventare un bravo scrittore. Ne consegue che uno scrittore, più ascolta musica, più diventa bravo, e più diventa bravo, meglio capisce la musica. Un’influenza reciproca, insomma. Ecco come la penso.
Nessuno mi h insegnato a scrivere, non ho mai imparato tecniche di scrittura, e per dirla tutta non ho mai studiato molto. Allora come ho fato a imparare a scrivere? Ascoltando la musica. Cosa conta di più nella scrittura? Il ritmo. Se in un testo non c’è ritmo, nessuno lo leggerà. Perché mancherà quel senso di movimento che è come una pressione dall’interno, e porta il lettore avanti, pagina dopo pagina… Prenda ad esempio i manuali d’istruzione degli elettrodomestici: se sono tanto ostici è perché sono completamente privi di ritmo. Oppure uno scrittore esordiente: di solito, dal fatto che i suoi libri abbiano ritmo o no, si può capire se resterà sulla scena letterario o ne sparirà subito. Ma ho l’impressione che la maggior parte dei critici letterari non tengano in conto questo fattore. Si limitano a commentare la raffinatezza dello stile, l’originalità del vocabolario…la coerenza della scrittura, il livello dei
temi, le diverse tecniche narrative usate… Secondo me, invece, chi non possiede ritmo non ha alcun talento letterario. Ma è solo una mia teoria, naturalmente.…Il ritmo si crea dal modo in cui si mettono insieme le parole, le frasi, i periodi.
Dall’alternanza tra dolcezza, leggerezza e intensità, equilibrio e squilibrio. Dall’uso della punteggiatura, dal tono. Si potrebbe anche parlare di “poliritmia”. Come nella musica. Se non si ha un buon orecchio, non lo si sa fare. E chi ci riesce ci riesce, chi non ci arriva, non ci arriva. Però è qualcosa che con lo sforzo, con lo studio, può migliorare, naturalmente…
…Diciamo che il ritmo che il ritmo è un elemento importante sia per chi legge, sia per chi scrive. Quando si scrive, se in una frase non c’è ritmo, la frase seguente non viene: E la storia non avanza. Il ritmo della frase è il ritmo della storia. Quando c’è, il testo avanza da solo. Scrivendo, automaticamente pronuncio la frase nella mia testa e il ritmo si crea in modo spontaneo.” Murakami